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Il mio sogno di fare la regista

Immagine della Chiesa di Dio Onnipotente

Immagine della Chiesa di Dio Onnipotente

di Bai Xue, Corea del Sud

Dio Onnipotente dice: “Nella sua vita, se l’uomo desidera essere purificato e ottenere cambiamenti nella propria indole, se vuole vivere una vita piena di significato e compiere il proprio dovere di creatura, allora deve accettare il castigo e il giudizio di Dio e non deve permettere che la disciplina e le percosse di Dio si allontanino da lui, così da potersi liberare dalla manipolazione e dall’influenza di Satana e vivere nella luce di Dio. Sappi che il castigo e il giudizio di Dio sono la luce, la luce della salvezza dell’uomo, e che per lui non esiste migliore benedizione, grazia o protezione” (“Le esperienze di Pietro: la sua conoscenza del castigo e del giudizio” in “La Parola appare nella carne”). Prima d’ora non avevo mai compreso concretamente questo passo. Pensavo che avere fede significasse semplicemente leggere spesso la parola di Dio, eseguire i miei doveri con diligenza e praticare secondo quanto ci dice Dio, che questo fosse sufficiente per ottenere l’approvazione di Dio. Mi chiedevo: “Perché devo sperimentare il giudizio e castigo della parola di Dio? E poi, quando Dio giudica le persone, non le sta in realtà condannando? Perché si dice che il castigo e il giudizio sono salvezza e protezione?” Solo dopo aver sperimentato personalmente un po’ di giudizio e castigo nelle parole di Dio, ho finalmente compreso questo passo.

Il mio dovere era cantare nel coro. Avevo alcune idee su come presentare le nostre performance, perciò la nostra responsabile mi ha chiesto di occuparmi della programmazione insieme al gruppo dei registi. Quando ho saputo la notizia, ero davvero contenta e grata perché Dio mi stava innalzando. Una volta entrata a far parte del gruppo dei registi, inizialmente mi sentivo carente, quindi pregavo Dio con devozione, mi affidavo a Lui ed ero assai cauta in tutto quello che dicevo e facevo. Ma, dopo un po’, quando qualche mia idea veniva approvata e accettata dai miei fratelli e sorelle, sentivo che stavo facendo bene, che forse era tempo di far risplendere il mio talento. Ho pian piano iniziato a parlare di più e a mostrare sicurezza. Soprattutto nel discutere del lavoro con gli altri, volevo davvero mettermi in mostra e, a volte, mi intromettevo nelle conversazioni degli altri per dire la mia prima che parlasse la mia collega. La sorella con cui facevo coppia era un po’ limitata da me. Ne ero consapevole ma, invece di aiutarla e sostenerla per amore, le dicevo di riflettere su se stessa con tono interrogatorio e denigratorio. Dopo aver sentito queste mie parole, non solo la sua condizione non migliorava, ma diventava ancora più negativa e diceva perfino di non voler più svolgere questo dovere. Sapendo che era in quello stato, ho pensato: “Meglio così, almeno posso prendere il tuo posto”. Ma poi il suo stato è pian piano migliorato grazie al nutrimento della parola di Dio. Ho ringraziato Dio a parole ma, nel cuore, non ero così contenta. Sentivo che era sfumata una buona opportunità. Ero assai frustrata, mi chiedevo perché la responsabile non riconoscesse il mio talento e perché non vedesse le mie capacità. Per dimostrare quanto valessi, sono diventata ancor più tenace e solerte e davo tutta me stessa per migliorare le mie abilità. Più avanti, alcune mie idee sono state avallate dalla maggior parte del mio gruppo e sentivo di possedere i requisiti necessari per diventare regista.

Di lì a poco, la responsabile mi ha chiesto di seguire la troupe televisiva. Quando me lo ha detto, ho pensato: “È esattamente quello che fa un regista! A quanto pare, mi stanno formando per diventare regista!” Più ci pensavo e più mi sentivo felice. Una volta sul posto, non aspettavo che qualcuno mi dicesse cosa fare. Prendevo il megafono e assumevo la posa da regista, dicendo a tutti cosa fare. I fratelli e sorelle presenti mi segnalavano alcune problematiche relative al mio modo di considerare il mio dovere, ma io mi rifiutavo di prestare loro la minima attenzione. Addirittura pensavo: “Credete di essere migliori di me? Quali buone idee vi sono mai venute?” Mi interessava solo esprimere la mia “visione unica”. Volevo solo finire di girare quella canzone, pensando che poi sarei diventata una regista.

La responsabile mi ha cercata dopo le riprese e ho pensato: “Deve essere perché vuole promuovermi”. Con mia grande sorpresa, era venuta per segnalare alcuni problemi nei miei doveri. Ha detto che ero stata arrogante, prepotente e dispotica, che non avevo affatto ascoltato il consiglio dei miei fratelli e sorelle e che tutti si sentivano molto limitati da me. Sentirla dire questo è stato come se mi stessero rovesciando un secchio di acqua gelata in testa. Ho avuto la sensazione che il fervore si fosse totalmente estinto. Ho pensato: “Io, arrogante? Senza dubbio, prendo sul serio i miei doveri”. Ero così frustrata e insoddisfatta. La responsabile ha visto che non mi sforzavo affatto per comprendere me stessa, pertanto mi ha chiesto di tornare nel coro. Ricevere quella notizia è stato particolarmente irritante. “Appena un paio di giorni fa”, pensavo, “ero una presenza autorevole sul palco, ma ora vengo rigettata nel coro senza tante cerimonie. Cosa penserà la gente?” Inoltre, avevo rimostranze sulla responsabile. Pensavo: “Perché non posso rimanere con il gruppo dei registi? Non ho pagato il prezzo? Ho lavorato sodo, anche se il mio lavoro non è stato perfetto”. Più ci pensavo, più sentivo di aver subìto un torto. Tornata nel coro, non avevo energia per provare. Ero senza fiato, ero fuori tono. Sentivo che avrei potuto accettare di non essere riuscita a entrare nel gruppo dei registi, ma che ero diventata il membro peggiore del coro. Sentivo di non aver mai fallito in maniera simile. Gli altri vedevano in quale stato mi trovassi e cercavano di aiutarmi e sostenermi. Ma io mi sentivo ancor più umiliata. Volevo solo trovare una buca e strisciarvi dentro. Durante quel periodo, mi sentivo davvero inetta e non sapevo quali verità dovessi mettere in pratica. L’unica cosa che potessi fare era presentarmi dinanzi a Dio e pregare: “Dio, non so come sperimentare tutto questo e non comprendo la Tua volontà. Mi sento così infelice. Ti imploro di guidarmi a comprendere la Tua volontà in tutto questo”.

Dopo aver pregato, ho letto un passo della parola di Dio. “Sebbene oggi siate giunti a questa fase, non siete ancora riusciti a distaccarvi dal prestigio, ma state sempre lottando per chiedere informazioni su di esso e tenerlo sotto controllo, con un profondo timore che un giorno il vostro prestigio sarà perduto e il vostro nome rovinato. Le persone non hanno mai messo da parte il loro desiderio di agiatezza. […] Ora siete seguaci, e avete ottenuto un po’ di comprensione di questa fase dell’opera. Tuttavia, non avete ancora messo da parte il vostro desiderio di prestigio. Quando il vostro prestigio è elevato, cercate bene, ma quando è basso, non cercate più. Avete sempre in mente le benedizioni collegate al prestigio. Perché la maggioranza delle persone non riesce a uscire dalla negatività? Non è sempre a causa di prospettive cupe?” (“Perché non vuoi essere un complemento?” in “La Parola appare nella carne”). Ho avuto la sensazione che la parola di Dio descrivesse con precisione il mio stato. Dopo essere rientrata nel coro, la mia negatività, le mie rimostranze e incomprensioni non derivavano soltanto dal mio malcontento per non aver ottenuto quella posizione? Ho anche pensato che, mentre ero nel gruppo dei registi, ho mostrato una capacità di esprimermi attivamente, rimanere in piedi la notte, soffrire e pagare un prezzo non perché volevo rispettare la volontà di Dio e compiere bene il mio dovere per soddisfarLo, ma perché avevo un unico obiettivo, ovvero guadagnarmi il posto di regista. Quando la sorella che faceva coppia con me si sentiva limitata ed era in uno stato negativo, non solo non tentavo di aiutarla e sostenerla mossa dall’amore, ma non vedevo l’ora di ostracizzarla in modo da poter prendere il suo posto. Durante le riprese, in un momento così importante, sono stata prepotente e dispotica, rifiutandomi di ascoltare i consigli dei fratelli e delle sorelle, perciò abbiamo dovuto ripetere molte riprese, ritardando pesantemente il lavoro della casa di Dio. Tornata nel coro, poiché non avevo ottenuto la posizione che desideravo, ero negativa, avevo rimostranze e fraintendimenti e ho perfino pensato di mollare il lavoro, di non eseguire i miei doveri in maniera adeguata. Più ci pensavo, più capivo di essere stata completamente irragionevole. La casa di Dio mi aveva dato un’opportunità per esercitarmi, assegnandomi al gruppo dei registi ma, invece di farne tesoro, mi sono concentrata solo sulla mia fama e sulla mia posizione. Ho passato notti insonni, ho sofferto e pagato un prezzo solo per quella posizione e ho perfino trasformato i miei doveri in un palcoscenico per mettermi in mostra. Un comportamento del genere poteva solo arrecarmi l’odio e il disprezzo di Dio. Ho anche pensato al fatto di non avere alcuna abilità professionale, eppure avevo ottenuto l’illuminazione e la guida dello Spirito Santo con la semplice voglia di darmi da fare. Ma, ottenuto qualche scarso risultato, invece di pensare a come ringraziare Dio, ho usato queste cose come capitale personale e ho spudoratamente derubato Dio della Sua gloria. Più ci pensavo, più mi sentivo completamente priva di coscienza e ragionevolezza. Mi chiedevo se la mia mente non fosse poi così diversa da quella dei miscredenti. Resami conto di questo, mi sono inginocchiata dinanzi a Dio e mi sono pentita: “Dio, non sono riuscita a compiere il mio dovere nella maniera appropriata. Ho cercato la fama e un titolo, ho gravemente ostacolato il lavoro della casa di Dio e ho recato grande danno ai miei fratelli e sorelle. Dio! Ho sbagliato e non voglio continuare a farlo. Voglio eseguire i miei doveri con i piedi saldi a terra”.

In seguito, grazie a Dio che mi ha innalzata, il lavoro della Chiesa necessitava che di lì a poco tornassi al gruppo dei registi e continuassi a lavorare con quei fratelli e sorelle. Nel gruppo dei registi, stavolta mi ricordavo costantemente che dovevo rimanere al mio posto e che non potevo perseguire di nuovo reputazione e posizione. Ma, poiché comprendevo a malapena la mia stessa natura e siccome non avevo ancora visto chiaramente l’essenza e le conseguenze del perseguire reputazione e prestigio, di lì a poco, quando qualche mia idea otteneva di nuovo l’approvazione generale e veniva accettata da tutti, il desiderio di prestigio ricominciava a crescere dentro di me, al punto che ho pensato: “Voglio fare il grande ritorno in scena e fare qualcosa di imponente, voglio mostrare a tutti quanto sono capace”.

In seguito, durante una prova, mentre erano tutti allineati secondo la formazione che avevo indicato, in quel momento mi sono di nuovo sentita una regista, che presiede a ogni cosa, e il mio desiderio di prestigio ha iniziato a crescere al punto che non desideravo più pregare Dio o affidarmi a Lui ed ero completamente persa nella gioia di dirigere gli altri. Di lì a poco, sono sorti problemi nei miei doveri. Puntualmente saltavano fuori impedimenti nei miei progetti e, all’improvviso, mi sono ritrovata smarrita e senza sapere come risolvere questi problemi. Avevo la sensazione di trovarmi in un vicolo cieco e non riuscivo affatto a percepire l’illuminazione e la guida dello Spirito Santo. Soprattutto quando i miei fratelli e sorelle segnalavano qualche problema nel mio modo di svolgere i miei doveri, ero particolarmente suscettibile, mi chiedevo se avessero la sensazione che io non fossi in grado di compiere quel determinato dovere. Quando la responsabile è venuta a informarsi sul mio stato, mi sembrava di stare sulle spine. Ho pensato: “Verrò espulsa dal gruppo e trasferita altrove? Significa che non potrò più eseguire questo dovere?” Quando i fratelli e le sorelle avevano alcune idee che erano migliori delle mie, mi sentivo ancor più inquieta. Avrebbero proposto qualcun altro al posto mio? Trascorrevo ogni giorno in uno stato di costante allarme ed era estremamente estenuante. Nell’eseguire i miei compiti non ci mettevo affatto il cuore. Le difficoltà che incontravo nei miei doveri rimanevano, ma mi sentivo completamente smarrita e non osavo parlarne ai miei fratelli e sorelle, nel timore che, una volta saputa la verità su di me, mi avrebbero ritenuta inadatta a questo dovere. Pertanto, me lo sono tenuto dentro, mascherando il tutto e fingendo, e così non sono riuscita ad adempiere al mio ruolo. Vivevo in uno stato in cui perseguivo il prestigio, arrovellandomi al pensiero di quello che avrei potuto perdere, e il mio stato peggiorava fin quando, alla fine, ha condizionato in maniera evidente il lavoro della casa di Dio, ritardandolo pesantemente e, infine, sono stata espulsa dal gruppo e trasferita altrove. Nel giorno del mio trasferimento, sentivo di passare di nuovo da un ruolo in cui comandavo gli altri a uno in cui ero io a essere comandata. Da un giorno all’altro, ero stata di nuovo declassata da una posizione di prestigio. A quel punto, non riuscivo proprio a capire. Mi chiedevo perché continuassi a trovarmi in questa situazione. Volevo fare la regista. Era davvero così difficile? Era veramente impossibile darmi una possibilità? Rimuginarci aumentava la mia negatività e la mia angoscia. Tutti gli altri fratelli e sorelle cantavano inni di lode a Dio. Ma per me, che affrontavo la perdita della mia posizione, l’umiliazione e un mutamento nei doveri da compiere e soprattutto quel tormento che deriva dall’agognare qualcosa che non si può ottenere, quei pochi giorni di prove sembravano anni di agonia. Ho perfino iniziato a pensare di tradire Dio, di non voler più eseguire i miei doveri in quel luogo. Mi sentivo intrappolata in una sorta di infelicità estrema, e non ero in grado di superarla. Non sapevo cosa potessi fare per cambiare la mia condizione.

Poi, una sera, mi sono storta la caviglia mentre scendevo le scale. Allora, tutti i miei fratelli e sorelle erano impegnati a provare, con entusiasmo, mentre io non potevo fare altro che stare a letto, senza potermi muovere. Non potevo eseguire nessun dovere. Ero praticamente inutile. Non potevo evitare di ripensare a cosa era stato messo a nudo dentro di me quando ho iniziato questo dovere, che volevo fare il mio ritorno sulla scena e fare qualcosa di veramente grande, ma ora ero caduta così in basso da vergognarmene… Pensarci mi faceva male al cuore e non riuscivo a evitare di chiedermi: “Perché la mia vita è così infelice? Perché non riesco a smettere di perseguire fama e prestigio?”

Poi mi è venuto in mente un passo della parola di Dio. “Quindi, Satana usa fama e profitto per controllare i pensieri degli uomini, finché tutto ciò a cui riescono a pensare non sia altro che fama e profitto. Si impegnano per fama e profitto, sostengono disagi per fama e profitto, sopportano umiliazioni per fama e profitto, sacrificano tutto ciò che hanno per fama e profitto, ed esprimono giudizi o prendono decisioni per fama e profitto. In tal modo, Satana avvolge l’uomo in invisibili catene. Queste catene vengono messe sulle persone, che non hanno la forza né il coraggio di liberarsene. Così, inconsapevolmente, le persone portano queste catene e continuano costantemente ad arrancare in gravi difficoltà. Per il bene di tale fama e profitto, l’umanità evita Dio e Lo tradisce diventa sempre più malvagia. In questo modo, una generazione dopo l’altra finiscono distrutte nella fama e nel profitto di Satana” (“Dio Stesso, l’Unico VI” in “La Parola appare nella carne”). Quando ho letto questo passo della parola di Dio, ho compreso che Satana usa la fama e il profitto per ingannare e controllare la gente e che, più le persone perseguono fama e profitto, più diventano infelici e corrotti. In passato, non ho mai trovato nulla di sbagliato in questo e le filosofie sataniche come “Fare onore alla propria famiglia”, “Mentre l’uomo si affanna verso l’alto, l’acqua scorre verso il basso”, e “Un uomo lascia dietro di sé una reputazione, come un’oca selvatica lascia dietro di sé una voce” erano cose che consideravo insegnamenti di vita. Pensavo fosse lo scopo che tutti dovrebbero perseguire e che quei motti fossero gli unici a contenere una spinta, quindi, a scuola e nei miei doveri all’interno della casa di Dio, vivevo secondo queste filosofie sataniche, perseguendo a capofitto la fama, il prestigio e cercando di ottenere l’ammirazione degli altri. Tentavo di mettermi in mostra, di essere un gradino sopra a tutti. Non sopportavo di essere una persona normale pertanto, quando ho avuto l’opportunità di lavorare di nuovo nel gruppo dei registi, ero ossessionata dall’idea di ottenere un posto da regista, perché pensavo fosse l’unico modo per ottenere l’ammirazione degli altri e così avrei potuto comandare a bacchetta le altre persone. È per questo che ne ho tratto grande diletto quando mi sono trovata nuovamente in piedi davanti al monitor, a impartire ordini agli altri. Sentivo che fosse valsa la pena di sopportare qualsiasi sofferenza e pagare qualsiasi prezzo per ottenere fama e profitto, ma senza di essi mi sentivo infelice, come se vivere non valesse più la pena. Pensavo davvero di essere stata incatenata con invisibili ceppi dall’idea di avere notorietà e volevo liberarmene, ma non ci riuscivo. Non mi era possibile lavorare in armonia con i miei fratelli e sorelle in quello stato. Riuscivo solo a interrompere e ostacolare il lavoro della casa di Dio. Sempre di più, vedevo che perseguire fama e profitto davvero non è il sentiero giusto. Dio detesta coloro che vivono in questo stato e anche le altre persone ne sono disgustate. Ripensando alla mia ascesa e poi alla mia caduta, per due volte, comprendo che in realtà questa era la grande salvezza che Dio aveva in serbo per me. Il mio desiderio di prestigio era troppo grande, dovevo sperimentare queste prove e questi raffinamenti per costringermi a presentarmi dinanzi a Dio per riflettere su me stessa, conoscermi e pentirmi di fronte a Lui. Solo allora avrei potuto perseguire la verità e sfuggire a queste indoli sataniche corrotte. Così Dio mi stava salvando. Ho sperimentato in prima persona come il castigo, il giudizio, la potatura, il trattamento, le prove e il raffinamento di Dio siano davvero segno della Sua grande salvezza e protezione verso le persone! Sebbene questi processi siano stati dolorosi da un certo punto di vista, sono stati di così grande beneficio per cambiare la mia indole della vita. Una volta compreso questo, mi sono prostrata per pregare e pentirmi: “Dio! Ho sbagliato, ho sbagliato davvero. Ho conosciuto l’infelicità e il tormento di vivere sotto l’influenza di Satana e di perseguire fama, profitto e prestigio. In questo modo, Tu mi hai giudicata, disciplinata e destata. Questo è stato segno della Tua grande salvezza e del Tuo amore per me. Dio, non desidero più perseguire fama, profitto e prestigio. Non combatterò più. Non importa quale compito o dovere giungerà a me in futuro, lo eseguirò”. “Desidero solo eseguire i miei doveri di essere creato”.

Di lì a poco, la Chiesa mi ha informata che potevo riprendere a provare, purché non influenzasse negativamente la mia guarigione. Sentire questa notizia è stato così emozionante e ho apprezzato l’opportunità di svolgere questo compito. Anche se si trattava solo di una parte minuscola, per me, era così preziosa e difficile da ottenere. In particolare, questa è stata immortalata in una scena su cui lavoravo: un gruppo di credenti conduce una vita infelice, perseguitati dal gran dragone rosso, circondati da ogni tipo di tossine sataniche, oppressi al punto che a fatica riescono a respirare. Gridano, si battono, ma nulla vale e, solo quando la luce di Dio si posa sulla terra oscura, tutti possono essere liberi dalla schiavitù delle forze delle tenebre, perché sentono la voce di Dio e ricevono la Sua salvezza. Lavorare su quella scena è stato davvero toccante per me, perché sentivo di trovarmi in uno stato simile. Per tanto tempo ero stata tenuta prigioniera in un luogo oscuro; essere schiava della fama, del profitto e del prestigio mi aveva causato così tanto dolore che, ogni volta che un raggio di luce scendeva dall’alto, mi sentivo toccata, ero così grata a Dio per avermi guidata a sfuggire dalla schiavitù della fama, del profitto e del prestigio.

In seguito, la responsabile è venuta da me e mi ha chiesto di fare la coreografia teatrale per una sorella. All’inizio, ho pensato: “Va bene che non posso andare sul palco, ma adesso devo fare la coreografia per qualcun altro”. In quel momento, però, mi sono resa conto che il mio desiderio di prestigio stava di nuovo facendo capolino. Perciò, ho pregato Dio e allora mi sono venute in mente le parole di un inno. “Oh Dio! Che abbia prestigio o meno, ora comprendo me stesso. Se il mio prestigio è grande, è grazie alla Tua elevazione, e se è scarso, è a causa del Tuo decreto. Tutto è nelle Tue mani. Non ho nessuna scelta e nessuna lamentela. Hai decretato che nascessi in questa nazione e tra questa gente, e io dovrei solo essere completamente obbediente sotto il Tuo dominio, perché tutto avviene nell’ambito dei Tuoi decreti” (“Sono soltanto una piccola creatura” in “Seguire l’Agnello e cantare dei canti nuovi”). Mi sono immersa totalmente nelle prove successive e ho dato molti suggerimenti a questa sorella. Ho pensato tra me: “Forse non sto lasciando un grosso segno”, ma mi sentivo molto sicura nell’eseguire il mio dovere in quel modo. In seguito, la responsabile ha disposto che facessi coreografia teatrale per un’altra sorella. Non solo dovevo trovare il giusto posizionamento, ma dovevo anche creare i movimenti al posto suo. Quando ho ricevuto questo compito, ho sentito che Dio mi stava mettendo alla prova. Non c’era fama, né profitto, né prestigio. Dio voleva vedere se mi fossi dedicata totalmente al mio dovere. Pertanto, L’ho pregato con devozione e, sotto la Sua guida, tutto è andato molto liscio e si è concluso velocemente. Quando ho passato il compito alla mia sorella, ho compreso che non mi ero mai sentita così sicura nei miei doveri. Non ho tentato in alcun modo di trarre vantaggio per me stessa e i miei scopi personali non hanno contaminato questo processo. Tutto era basato sulla mia comprensione della parola di Dio e, poiché volevo praticare la verità, questa ho adottato in tale compito. Sentivo che eseguire i miei doveri in quel modo era assai giusto.

Un po’ di tempo dopo, alcuni fratelli e sorelle mi hanno detto: “Sembra che svolgi i tuoi doveri molto di più con i piedi per terra. Non sei irritabile e arrogante come prima”. Quando ho sentito tali parole, mi sono resa conto nel profondo che questi erano i cambiamenti prodotti in me dal castigo e dal giudizio di Dio. È stato Dio a guidarmi, passo dopo passo, nel fuggire dalla schiavitù della fama, del profitto e del prestigio. Non molto tempo dopo, la responsabile mi ha comunicato che mi avrebbe dato il compito di regista. Non so descrivere quanto fossi contenta quando ho ricevuto questa notizia. Sentivo di non essere così orgogliosa e compiaciuta di me stessa come ero stata un anno prima, quando mi avevano assegnato quel compito e sono stata in grado di capire che si trattava di un incarico, una responsabilità che mi veniva data da Dio e sono riuscita meglio a comprendere le Sue buone intenzioni. Mi sono resa conto che tutto quello che avevo passato non era mirato a rendermi la vita difficile o a distruggermi. Aveva l’obiettivo di purificare la mia natura corrotta e le mie motivazioni contaminate. Attraverso quello che la parola di Dio aveva messo a nudo e quello che i fatti avevano rivelato, ho compreso sinceramente quanto a fondo fossi stata corrotta da Satana e che, senza il giudizio, il castigo, il trattamento e la disciplina delle parole di Dio, non sarei mai stata in grado di sfuggire a queste indoli sataniche o, in particolare, di sfuggire alle forze oscure e alla schiavitù di Satana. Solo allora ho davvero sperimentato che il castigo, il giudizio, le prove e il raffinamento di Dio sono veramente la più grande protezione e salvezza di Dio verso di me.

Fonte: La Chiesa di Dio Onnipotente

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